Algoritmi che generano immagini, un’opportunità o un rischio per la creatività?
Quest’anno è stata lanciata DALL-E 2, la nuova versione di DALL-E, il noto software di intelligenza artificiale (IA) per la generazione di immagini. L’ultimo modello dell’algoritmo ha conquistato il pubblico internazionale, attirando la curiosità di creativi, artisti digitali, designer e early adopter.
Il sistema text-to-image ideato dalla società non-profit statunitense OpenAI è in grado, infatti, di produrre immagini partendo da input testuali: è sufficiente descrivere con poche parole ciò che abbiamo in mente per vederlo comparire in alcuni secondi sul nostro schermo, sotto forma di foto realistica, dipinto a olio, fumetto, o disegno a matita.
Da fine settembre DALL-E è diventato accessibile a tutti, e in breve tempo utenti di tutto il mondo hanno iniziato a pubblicare in rete i risultati dei loro output: spesso sorprendenti, talvolta estremamente fotorealistici, altre volte un po’ deludenti.
Più si è specifici nelle istruzioni fornite, più il sistema è in grado di restituire immagini in linea con le aspettative, come dimostra questo “coniglio detective seduto su una panchina nel parco che legge un giornale in un’ambientazione vittoriana” o la divertentissima serie di “statue frustrate bloccate nel traffico dell'ora di punta”.
Tutti pazzi per l’arte generata dall’IA, o quasi
C’è chi la definisce “arte generata dal computer”, chi invece si riferisce più sobriamente a “un evoluto generatore di immagini”. Quel che è certo è che DALL-E ha mostrato come algoritmi di deep learning addestrati con migliaia di immagini siano in grado ricombinare contenuti esistenti creando foto nuove e originali.
L’introduzione di DALL-E ha dato il via ad altri sistemi basati sul modello text-to-image. Oggi sul mercato c’è Midjourney, la start-up con la quale è stata realizzata l'immagine che ha vinto il concorso artistico della Colorado State Fair, con conseguente ondata di polemiche. Ci sono Make-A-Scene di Meta, Imagen e Parti di Google, Craiyon di Hugging Face, conosciuto inizialmente come DALL-E mini e usato soprattutto per creare meme sui social.
Questo ricco ecosistema di proposte ha stuzzicato la curiosità di centinaia di creativi e designer che hanno iniziato ad avvicinarsi agli algoritmi di intelligenza artificiale: la cosa ha portato in breve tempo alla pubblicazione delle prime campagne pubblicitarie sviluppate proprio a partire dal contenuto prodotto da generatori di immagini, come quella di OgilvyParis per La Laitière.
Ma, come spesso accade di fronte a innovazioni disruptive come questa, c’è anche chi ha accolto la novità con scetticismo, intravedendo un possibile rischio per il futuro dei designer e per l'industria delle immagini d'archivio.
La diffusione della tecnologia di OpenAI ha inoltre aperto un importante tema legato alla responsabilità dell’azienda per i contenuti che verranno prodotti. DALL-E presenta infatti alcuni limiti, come la tendenza a reiterare pregiudizi razziali e sessisti sulle immagini elaborate, o la possibilità di generare deepfake che potrebbero essere usati per creare disinformazione. Da parte sua, l’azienda americana ha dichiarato di aver già messo in campo una serie di misure per evitare che queste preoccupazioni diventino delle criticità difficili da gestire.
Gli algoritmi artistici e la creatività del futuro
Sin dalla nascita di questo fenomeno, gli esperti discutono sui possibili pericoli derivanti dalla diffusione di tecnologie basate sul machine learning come DALL-E. Il timore principale riguarda la minaccia alla creatività, che finora è stata appannaggio esclusivo del genere umano. Secondo alcuni commentatori, in un futuro prossimo l’intelligenza artificiale potrebbe soppiantare il lavoro di alcuni professionisti del settore e diventare un valido sostituto di costose immagini stock.
C’è chi non è d’accordo e, al contrario, pone l’accento sulle opportunità derivanti dagli algoritmi artistici, come quella di espandere l’offerta di servizi delle piattaforme di immagini di stock: un segno di questa possibile evoluzione è la collaborazione con DALL-E attivata qualche mese fa da Shutterstock, il colosso americano che fornisce contenuti fotografici.
Altri ancora ritengono che la democratizzazione di strumenti basati sull’AI potrebbe stimolare l’immaginazione dei creativi, e al tempo stesso aiutarli a risparmiare tempo e concentrarsi sul processo di costruzione dell’idea. Le prime esperienze sembrano infatti suggerire che, più che sostituirsi alla creatività umana, la nuova tecnologia potrebbe contribuire a evolverla.
È ancora troppo presto per conoscere le ripercussioni artistiche e culturali di questa tecnologia: sicuramente ad oggi il pericolo che i software come DALL-E possano rimpiazzare grafici, illustratori e art director sembra lontano. L’ipotesi più auspicabile potrebbe essere quella avanzata da Noah Bradley, artista digitale esperto di strumenti di intelligenza artificiale, secondo cui l’impatto degli algoritmi artistici sarà paragonabile a quello che gli smartphone hanno avuto sulla fotografia: rendere la creatività visiva più accessibile, senza sostituire i professionisti del settore.
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