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Street art

L'arte che dialoga con l'ambiente

a cura di
GreenGraffiti

Environmental art: arte spesso effimera ma dall’impatto duraturo

Opere d’arte che compaiono e scompaiono e installazioni gigantesche dal carattere rigorosamente transitorio. Di cosa stiamo parlando? Dell’environmental art, in italiano “arte ambientale”: creazioni artistiche contraddistinte da un forte legame con l’ambiente in cui sono collocate, che in molti casi portano con loro il fascino dell’effimero, nonostante abbiano un impatto culturale e sociale spesso destinato a durare nel tempo.

Il movimento dell'arte ambientale inizia a svilupparsi tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta, grazie ad artisti che desiderano indagare il rapporto dell’uomo con l'ambiente e, al tempo stesso, portare l’arte al di fuori degli ambiti istituzionali. Andando alla ricerca di spazi espositivi nuovi e unici, gli artisti ambientali mettono in discussione l’autorità dei musei e delle gallerie, che storicamente hanno controllato la produzione, la vendita e l’accesso alle opere d’arte da parte del pubblico.

Arte ambientale, un nome che rischia di fuorviare

Il termine arte ambientale non deve però trarre in inganno, poiché non sempre si tratta di opere che richiamano alla coscienza ambientalista. Esistono infatti artisti che, paradossalmente, nel realizzare le loro installazioni hanno compromesso le caratteristiche naturali del paesaggio che le ospita.

Per fare un esempio basta citare il caso di Spiral Jetty, l’opera principale dell'americano Robert Smithson realizzata nel 1970, che ha creato danni permanenti al paesaggio dato che per realizzarla l’artista ha dovuto erodere e spostare grandi quantità di terra dalla costa. L’anno precedente, il duo Christo e Jeanne-Claude aveva “impacchettato” temporaneamente la costa di Little Bay in Australia con un tessuto di plastica, scatenando numerose proteste da parte degli ambientalisti che hanno successivamente attirato l’attenzione del pubblico internazionale, portando gli artisti contemporanei a ripensare l’arte site-specific.

Quelli appena citati sono alcuni dei principali artisti dell'environmental art. In questo articolo ne abbiamo selezionati quattro che vorremmo farvi conoscere più da vicino, a partire dal più celebre di tutti: Christo.

Christo

Nato in Bulgaria, Christo Vladimirov Javacheff inizia la sua carriera artistica a Parigi nel 1958, dove incontra la sua compagna di vita Jeanne-Claude Denat de Guillebon con la quale formerà un duo artistico che durerà fino alla scomparsa di lei nel 2009.

Con l’intento di produrre arte intrinsecamente libera, la coppia rifiuterà sovvenzioni e sponsor, finanziando tutti i progetti attraverso la vendita delle proprie opere.
Il duo ha creato sculture e interventi su scala monumentale facendo spesso ricorso alla tecnica del drappeggio, in cui ampie porzioni di paesaggi o edifici vengono avvolte con rivestimenti appositamente progettati. Con l’impiego di materiali semplici e fragili come tessuti, corde e stoffe, i due artisti sono riusciti a trasformare radicalmente interi paesaggi, sconvolgendo la familiarità che gli abitanti avevano sviluppato nel tempo con gli ambienti in cui vivevano.

Tra i lavori più noti di Christo, oltre al già citato Wrapped Coast di Little Bay del 1969, c’è il rivestimento del Pont Neuf a Parigi del 1985; il Wrapped Reichstag, il drappeggio del parlamento di Berlino nel 1995 che divenne il simbolo della Germania unificata, o il più recente Floating Piers al Lago d'Iseo, un’installazione temporanea realizzata nel 2016 che nei sedici giorni di esposizione ha regalato ai visitatori la sensazione di camminare sull'acqua.

L'opera di Christo consiste in un ponte galleggiante che collega la costa del lago ad una piccola isola.
Christo | Floating Piers

Robert Smithson

L’americano Robert Smithson è l’autore di una delle prime e più celebri opere di arte ambientale, e più nello specifico di Land Art: Spiral Jetty, datata 1970 e situata sulle sponde del Great Salt Lake, nello Utah. Una spirale antioraria lunga 460 metri e larga quasi 5, composta da basalto, terra e sale, visitabile ancora oggi, anche se spesso si trova sommersa dalle acque fluttuanti del lago.

Smithson aveva pensato a Spiral Jetty come ad un’opera che cambia col naturale scorrere del tempo, con l’evoluzione del territorio e dei suoi elementi; un’opera inafferrabile e mutevole, che nasce e si trasforma continuamente nel luogo in cui è sorta.

Nel 1971 a Emmen, nei Paesi Bassi, Smithson ha creato Broken Circle/Spiral Hill, la sua unica opera realizzata in Europa. Un terrapieno costruito in un lago di cava, con la forma di un cerchio “spezzato” sulla riva riempito per una metà di sabbia e per l’altra di acqua. Accanto, la Spiral Hill: stessi materiali e stesse forme, questa volta utilizzati per creare una spirale che sale su una piccola collina dalla terra scura, una manifestazione del fascino di Smithson per le spirali, da sempre simbolo di vita e di trasformazione.

Nell'immagine, ripresa dall'alto, vediamo Spiral Jetty, una spirale di terra che si estende in acqua.
Robert Smithson | Spiral Jetty

Nils-Udo

Artista originario della Baviera, Nils-Udo ha iniziato a realizzare le sue prime opere di arte ambientale negli anni Sessanta, utilizzando materiali naturali come bastoncini, petali, rami e foglie con cui ricreare mondi onirici e celebrare il mistero della natura. Le sue grandi installazioni site-specific, molte delle quali effimere, contemplano la relazione tra l’uomo e la natura e fanno riflettere sul ciclo della vita.

L'esempio più noto del suo lavoro è l’installazione realizzata per la copertina dell’album OVO di Peter Gabriel. Udo ha creato una struttura simile ad un nido sostenuta da tronchi d'albero, all'interno della quale vi è un bambino che dorme. L’opera, dopo essere stata fotografata per realizzare la copertina dell’album, è stata spostata nel vicino giardino del cantante, per essere data alle fiamme poco tempo dopo.

Un’altra opera di rilievo dell’artista tedesco è Radeau d'Automne, realizzata in Francia: una scultura monumentale progettata con materiali naturali a forma di mezza foglia d'acero stilizzata, lunga oltre 6 metri e alta quasi 4, che si riflette sul fiume ai piedi di rovine granitiche e richiama i ripidi crinali del paesaggio circostante. L’opera è stata costruita in tronchi di legno di castagno, per rafforzare l’identità ed il legame con il territorio.

La struttura a forma di mezza foglia di acero si specchia nell'acqua del lago, componendo l'immagine completa.
Nils-Udo | Radeau d'Automne

Dennis Oppenheim

Conclusi gli studi alla Stanford University, a Palo Alto in California, nel 1966 Dennis Oppenheim si trasferisce a New York dove si dedica alla realizzazione di progetti d’arte outdoor, fatti di ampi orizzonti e di confronto con l'elemento naturale.

Tra i suoi lavori più conosciuti figura Annual Rings, opera realizzata nel 1968 lungo il confine tra Stati Uniti e Canada, su entrambi i lati del fiume St Johns. L’artista, arando la neve che giaceva sulle sponde del corso d’acqua, ha ricreato gli anelli che si formano all'interno dei tronchi degli alberi con il passare delle stagioni.

In questo caso il fiume St Johns non funge solo da confine naturale tra due nazioni, ma anche da linea che separa due fusi orari. Il concetto di tempo è infatti un aspetto importante di questo intervento site-specific, in cui la natura domina sulla provvisorietà dell'opera: la sua durata è infatti legata alle condizioni atmosferiche e di temperatura, sulle quali l'artista non può avere alcun controllo.

Attraverso la giustapposizione di elementi naturali con concetti creati dall'uomo come la nazionalità e i fusi orari, Oppenheim ha voluto sottolineare quanto siano relativi, e talvolta labili, i valori dei sistemi di ordinamento in base ai quali viviamo.

I solchi nella neve sulle sponde del fiume compongono dei cerchi interrotti solo dal corso d'acqua.
Dennis Oppenheim | Annual Rings

Come abbiamo visto, artisti dell'arte ambientale del calibro di Christo, Smithson, Udo e Oppenheim hanno contribuito in maniera determinante a modificare i linguaggi dell’arte contemporanea, nonostante molte delle loro installazioni avessero carattere passeggero. A chi contestava questo aspetto delle sue opere, Christo rispondeva: “Penso che ci voglia molto più coraggio per creare cose che spariscono che per creare cose che rimarranno”.

#EnvironmentalArt
#ArteAmbientale

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